E’ riconosciuto che la presenza e la migrazione del gas radon sono strettamente collegate alle caratteristiche del substrato geologico locale, al suolo e al grado di permeabilità che lo caratterizza.
Il riconoscimento delle aree a potenziale esposizione al radon dovrebbe dunque derivare anche e soprattutto da valutazioni di tipo geologico: queste dovrebbero dunque essere previste preliminarmente anche alla redazione dei piani urbanistici e nella progettazione di costruzioni pubbliche e private, mediante misurazioni delle concentrazioni di gas radon nel suolo e della permeabilità intrinseca.
Il gas radon nel suolo rappresenta un vero e proprio rischio geologico e pertanto ai fini della pianificazione territoriale le aree a rischio dovrebbero essere determinate anche sulla base dello studio e della verifica di indicatori geologici locali e da adeguate misure di concentrazione radon nel suolo (soil radon).
Tra le molte esperienze descritte in pubblicazioni tecniche, si vogliono qui richiamare alcune considerazioni contenute nel “Rapporto sullo Stato dell’ambiente nella Provincia di Sondrio”, in quanto esplicative del significato e dell’effettiva applicabilità del metodo per la rilevazione delle concentrazioni di gas radon nel suolo (soil radon) in funzione dell’assetto geologico locale:
“Gli studi condotti negli ultimi decenni hanno messo in evidenza che la sorgente primaria di Radon nelle abitazioni è costituita dal suolo su cui è ubicato l’edificio, in quanto la geologia del territorio è determinante nella formazione del gas, nella concentrazione e nella sua migrazione verso l’atmosfera. Le campagne di misura effettuate negli ambienti indoor spesso non sono risultate sufficientemente rappresentative delle condizioni di rischio locali, perché fortemente condizionate dalle tipologie edilizie degli edifici e dagli stili di vita degli abitanti (…). (…) il modello previsionale consente di individuare le aree a maggiore probabilità di elevate concentrazioni di Radon e quelle con concentrazioni modeste.”